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Benché ci sia pervenuto tra gli scritti di Senofonte, l'opuscolo venne probabilmente redatto da qualche altro avversario della democrazia ateniese nei primi anni della guerra del Peloponneso: o Crizia (il capo dei Trenta Tiranni), o Antifonte di Ramnunte (che diresse il colpo di Stato oligarchico del 411), o Tucidide di Melesia (il capo della fazione oligarchica ostracizzato nel 443), o altri ancora. Il carattere di originalità dell'opera, che si sviluppa in forma di dialogo, consiste nel fatto che essa non ha fini polemici. Che la democrazia, ingiusta e abietta, sia il peggiore dei regimi politici è fuori discussione: d'altronde, secondo il detto di Alcibiade, la democrazia è una follia universalmente riconosciuta come tale (homologoumene anoia). Invece, ciò che preme all'autore è far capire, attraverso le fredde analisi che l'oligarca realista presenta al suo interlocutore, come sia possibile il funzionamento di un sistema che si fonda sul malgoverno esercitato dalla parte peggiore del popolo.